Ho lavorato durante questi anni con vari metodi, incontrando persone di tutte le età e con una grande diversità di patologie. Nella pratica giornaliera, sono entrato in contatto con molte difficoltà che mi hanno costretto a sviluppare una modalità di lavoro nuova per conseguire un risultato soddisfacente.

Si è evidenziata la necessità di elaborare una pratica terapeutica che prenda in considerazione non solamente l’aspetto fisiologico e biomeccanico delle varie patologie, ma anche il vissuto emozionale e la situazione di vita di ciascuna persona.

Ho approfondito così, ad un livello pratico, come l’attenzione si muove e agisce nel labirinto delle emozioni, dei sentimenti, dei ricordi e delle percezioni del corpo. Il filo conduttore per il processo terapeutico si trova nel ricongiungimento nel presente con la propria essenza. Tutto ciò tanto nel paziente quanto nel terapeuta.

Partendo dal momento attuale della persona (che si tratti di una distorsione di caviglia, come di una depressione o di una paralisi), è possibile aumentare la capacità d’attenzione, e pertanto il livello di vitalità della persona, fino al punto in cui autonomamente riesce a muoversi nel proprio labirinto.

Comincia cosi un processo di riunificazione della vita, i sentimenti e i pensieri legati ad un passato non ancora integrato, trovano finalmente il luogo dove possono essere vissuti: il proprio corpo. Finalmente il corpo può esprimere tutto il suo linguaggio nascosto.

Progressivamente il corpo si trasforma in coscienza e la coscienza si realizza nella corporeità.

Chiamo questa nuova Unità: “CORPOCOSCIENZA”